Manifesto per una Pedagogia Viva

Questo testo ha lo scopo di manifestare l’orizzonte, i principi e le possibili declinazioni di un approccio all’educare aperto per sua intrinseca natura alle trasformazioni, agli aggiustamenti e agli arricchimenti che potrebbero mostrarsi come necessari e opportuni durante il cammino. Nel disegnare questo modo di camminare nel processo educativo si vogliono creare le condizioni per un’adesione consapevole e convinta a questo approccio

Non un metodo chiuso ma una maniera di camminare

La Pedagogia Viva non ha  finalità educative date per sempre e immutabili e non vuole applicare rigidamente strumenti calati dall’alto . Cambiano i contesti sociali, cambiano le persone e i loro bisogni, in relazione al luogo e al tempo in cui vivono, e deve necessariamente essere aperto al cambiamento l’accompagnamento che il processo educativo offre all’evoluzione del singolo e della società . L’approccio pedagogico nasce dalla filosofia di vita di chi lo disegna e di chi lo condivide, si costruisce partendo da un bagaglio di conoscenze date in un determinato periodo storico e si

plasma partendo dai bisogni specifici di quel bambino o gruppo di bambini, che sono sempre delle unicità immerse in una serie di sistemi che danno vita ad una meravigliosa complessità . Ai bisogni di questa complessità sempre mutevole non puo’ dare risposta efficace un metodo chiuso , costruito in altre epoche e in altri luoghi, ma solo un educatore, presente, competente, curioso che porta sempre con sé nel suo zaino un bagaglio di conoscenze pedagogiche,un’apertura verso i contributi di altre discipline e una serie di possibilità e strumenti che dovrà scegliere in relazione alla fotografia del contesto in cui si trova ad operare . La vitalità della pedagogia è data proprio dalle qualità e dalla presenza di chi educa e dall’approccio scientifico che si utilizza nel processo : osservazione e percezione del contesto, immaginazione di modo e strumenti efficaci e valutazione dei risultati . La Pedagogia Viva vede nel processo educativo un cammino che si costruisce non a partire dal dovere ma dal potere . Un’educazione efficace si costruisce non a partire di dogmi e certezze quanto a partire da una serie di possibilità, da uno spirito di ricerca e dall’esercizio continuo del dubitare.

Un approccio integrale e integratore

Ron Miller , era un maestro statunitense, appassionato di pedagogia e in particolare di pedagogie alternative, che si fece portatore di un approccio olistico all’educare partendo dall’analisi dei diversi modelli pedagogici del passato e del presente. Miller ha classificato i diversi modelli evidenziando la presenza di  un asse centrale , di un principio cardine ,partendo dal quale si disegnava l’architettura pedagogica di ciascun modello . La classificazione di Miller è solo uno dei possibili sguardi con cui si possono fotografare e classificare i diversi approcci e il presentarla non significa aderire a questa visione ma solo utilizzarla per rendere piu’ facilmente comprensibile l’orizzonte e l’intento della Pedagogia Viva. L’educatore statunitense parlava dei seguenti orientamenti pedagogici : trasmissivo, libero, costruttivismo sociale, pedagogia critica, sviluppo spirituale e olistico.

L’approccio trasmissivo utilizzato da moltissime scuole istituzionali occidentali ma anche asiatiche e da quelle che vengono chiamate ‘’ pedagogie ancestrali ‘’ parte dall’idea di fondo che la conoscenza sia qualcosa di stabilito, oggettivo e che compito dell’educatore sia quello di trasferire questo patrimonio di sapere.

L’approccio libero , tipico delle scuole libertarie e democratiche, la piu’ famosa è Summerhill, fondata da Alexander Neill, si fonda sull’idea che l’apprendimento parta sempre da bisogni e desideri soggettivi, individuali. Compito dell’educatore non è quello di trasferire conoscenze ma quello di stimolare un’esplorazione auto motivata dello studente. Molte delle esperienze educative in natura si costruiscono a partire da questo assunto.

Il costruttivismo sociale ci riporta agli studi e alle idee in ambito psicologico di Piaget e Vigotsky e in quello pedagogico di Dewey. L’idea di fondo è che la conoscenza non sia né interamente oggettiva né totalmente soggettiva , ma che si costruisca dinamicamente attraverso le relazioni tra le persone e il loro ambiente fisico e sociale . L’educatore tende a promuovere la collaborazione, la curiosità e la risoluzione creativa dei problemi . Il Reggio Approach del grande Loris Malaguzzi è molto vicino a questo impianto pedagogico.

La Pedagogia critica, di cui Paulo Freire è l’esponente piu’ conosciuto, vede nel processo educativo un atto volto prevalentemente alla costruzione di una responsabilità sociale. La scuola piu’ che trasmettere conoscenze prestabilite dovrebbe avere come fine quello di trasformare la società. L’educatore aiuta gli alunni nello sviluppare una coscienza percettiva e critica sulla cultura dominante.

Lo ‘’sviluppo spirituale’’ ci rimanda a Maria Montessori e Rudolf Steiner e all’idea che lo sviluppo animico dell’essere umano si dispieghi intorno a delle precise tappe evolutive. La creazione individuale della persona ( 0-6 ), la costruzione dell’intelligenza ( 6-12 ), la costruzione del sé sociale (12-16) e quella del sé consapevole (18-24) erano per esempio le tappe evolutive disegnate da Maria Montessori. L’idea di fondo è che sia centrale la dimensione spirituale dell’esperienza umana e che ogni esperienza o tipo di insegnamento debba plasmarsi intorno alle specifiche tappe di sviluppo dell’anima.

L’approccio olistico ,  descritto per esempio da Fritijof Capra e Gregory Bateson, parte dall’osservazione della natura interconnessa del mondo e dell’esperienza umana e dalla necessità quindi di osservarla non frammentariamente o separatamente ma con una visione integrale. L’educatore olistico riconosce delle virtu’ in tutti i differenti approcci e va alla ricerca di un equilibrio tra essi partendo dall’analisi dei bisogni del contesto specifico in cui opera .

La Pedagogia Viva si riconosce in quest’ultimo modello, l’educatore ‘’ vivo ‘’ porta sempre con sé Maria Montessori, Paulo Freire e tutti gli altri , e a seconda della situazione chiama l’una o l’altro o perché no tutti insieme . Questo è l’intento integratore della Pedagogia Viva.

Quando invece parliamo di educazione integrale intendiamo che l’essere umana è composto da varie dimensioni, quella animica, quella sociale, quella cognitiva, quella emotiva, quella creativa , quella corporea e ci si prende cura di tutte queste dimensioni, nel tempo e nel modo che la specificità e unicità di qualsiasi situazione impone.

L’approccio dell’educatore della pedagogia viva è lo stesso approccio della Permacultura: prima si osserva poi si interagisce. Il metodo è quello scientifico, aperto al dubbio e alla ricerca: si parte dall’osservazione, si immagina una strada, la si mette in campo e la si valuta.

L’orizzonte della Pedagogia Viva

Siamo abituati a pensare che ogni azione debba avere una finalità, che ogni viaggio una destinazione chiara e non di rado questo modo di pensare ci impedisce di godere a pieno del presente, del cammino, di quel che c’è tra noi e i nostri obiettivi. Per questo preferiamo parlare di orizzonte pedagogico e non di finalità. E’ sicuramente utile avere una direzione, delle stelle da seguire ed è bene che esse vengano esplicitate prima che il viaggio inizi per non incappare in incomprensioni durante quel cammino comune, che coinvolge insieme famiglia e agenzie educative . Il maestro Galeano diceva ‘’ Il navigante naviga anche se sa che non toccherà mai le stelle che lo guidano’’ e questo suo pensiero ci illumina e lo facciamo nostro. Abbiamo delle stelle a guidarci, un orizzonte da seguire e lo scegliamo ambizioso e utopico poiché non conosciamo energia piu’ potente per alimentare un bel cammino che i sogni grandi e l’utopia . Un orizzonte è una direzione che non ci distoglie dal percorso, in esso incontreremo diverse isole dove faremo rifornimento per alimentare il viaggio. Queste isole sono delle tappe che reputiamo funzionali e imprescindibili per navigare verso l’orizzonte . Quando e come arriveremo a quelle isole potrà definirsi solo durante il viaggio , facendoci guidare dai bisogni e dagli interessi dei bambini immersi totalmente nel vivere il presente, un presente non definibile a priori che è sempre il risultato di un percorso unico e irripetibile e da una serie di variabili difficilmente immaginabili a priori.

L’orizzonte della pedagogia viva è la felicità del bambino, qui ed ora. Una felicità vista come tensione vitale verso  l’acquisizione di conoscenze, competenze e virtu’ funzionali al benessere , una felicità che è allo stesso tempo direzione e modo di camminare. La direzione è quella  meravigliosamente descritta da Aristotele come ‘’ Autorealizzazione virtuosa, in un contesto di civile convivenza attraverso comportamenti etici ‘’, il modo di camminare è un processo colorato prevalentemente da emozioni piacevoli che sa accogliere e gestire le inevitabili emozioni spiacevoli che caratterizzano inevitabilmente il percorso di ogni essere umano.

Autorealizzazione virtuosa

Come vedremo quandodefiniremo il concetto di auto poiesi siamo fermamente convinti che ogni bambino custodisca in sé tutte le informazioni biologiche per far emergere il tesoro che custodisce. Crediamo che compito dell’educare sia quello di creare le condizioni esterne per farlo emergere . L’educatore in collaborazione con la famiglia si pone come facilitatore nell’emersione della vocazione di ogni bambino, accompagnandolo passo passo nelle tappe che caratterizzano l’emersione, il riconoscimento e la valorizzazione del tesoro . Nel percorrere le diverse tappe è fondamentale che l’accompagnatore sia aperto  all’emergente , all’inaspettato e sappia guardare l’imprevisto e tutto quel che rompe con lo schema immaginato, come delle opportunità preziose per disegnare e far brillare l’unicità di ogni percorso di crescita e autorealizzazione . Educare per noi non è pianificare rigidamente un percorso ma disegnare giorno per giorno il cammino unico e irripetibile di ogni essere umano. La crescita di un bambino non procede sempre seguendo tappe lineari che accomunano tutti, ma procede attraverso curve e salti mossi dall’unicità di ogni individuo e orientati dai suoi interessi, bisogni e passioni .Compito dell’educare non è per noi plasmare il bambino , il fanciullo e l’adolescente intorno ad un’idea astratta di essere umano felice, non è farlo diventare qualcuno, loro sono già qualcuno e  compito dell’educare è quello di facilitare l’emersione dell’unicità di quel bambino che già è un qualcuno degno di rispetto , fiducia e amore.

Il ruolo dell’educatore è quello di accompagnare con fiducia il bambino all’interno di questo processo, rimuovendo gli ostacoli emotivi, psicologici e culturali , valorizzando i punti forza del singolo e rispettando l’unicità di ogni percorso.

Alcune delle condizioni che ci paiono imprescindibili per l’autorealizzazione virtuosa sono la relazione educativa, il clima emotivo e il considerare l’educazione come un processo costruito sulle possibilità e non sul dovere.

In un contesto di civile convivenza

Aristotele considerava la felicità dell’essere umano possibile solo all’interno di relazioni umane fondate sul rispetto della dignità di tutti . Come lui anche Seneca, Epicuro e Erodoto, per fare qualche esempio, consideravano le relazioni sociali un ingrediente fondamentale per il benessere . Alle medesimi conclusioni giungono le ricerche della psicologia positiva, prima tra tutte quella del suo fondatore, Martin Seligman, il quale afferma che le relazioni sociali di qualità caratterizzano il sentiero delle persone felici . Le neuroscienze ribadiscono questo concetto, dando un grande dispiacere a Hobbes ( homo, homini lupus ) e a chi la pensa come lui. Il cervello è un organo sociale che sprigiona il massimo del suo potenziale quando collaboriamo e non quando lavoriamo da soli . Nasciamo empatici e potenzialmente altruisti e solo gli influssi nefasti di una cultura individualista e materialista, ci privano di questo prezioso tesoro con cui tutti nasciamo . La filosofia, la psicologia positiva e le neuroscienze ci dicono chiaramente che sviluppare le competenze emotive, etiche e sociali che ci permettono di costruire e stare dentro relazioni di qualità è uno strumento prezioso per il benessere. Lo è sempre ma oggi è particolarmente importante aiutare i bambini a sviluppare queste abilità sociali, che Rafael Bisquerra  chiama ‘’ Competenze Sociale ‘’ e ‘’ Abilità per la vita e il benessere ‘’ . Lo è se la scuola si pone l’obiettivo ambizioso, non solo di perpetuare le conoscenze del passato e consolidare una cultura esistente, ma di creare le condizioni per trasformare virtuosamente un sistema culturale . Franco Frabboni, docente dell’Università di Bologna, dice che tra le competenze piu’ importanti di un educatore oltre a quelle pedagogiche, psicologiche e didattiche, ci sono quelle sociologiche. Una scuola ambiziosa deve saper guardare fuori, nel sistema culturale vigente, individuarne i punti di forza e nutrirli e riconoscere le criticità per sanarle attraverso una nuova cultura, un nuovo sistema di valori . Guardando fuori ci pare che l’individualismo sia una delle cause di un malessere molto diffuso e allora sentiamo come nostro compito fondamentale, in questo stato delle cose, favorire e, come dicono le Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’Infanzia, primaria e secondaria, ‘’ stimolare i legami cooperativi.

Attraverso comportamenti etici

La dimensione etica dello sviluppo dell’essere umano è uno dei sentieri piu’ preziosi per il benessere individuale e collettivo . Qualsiasi contesto educativo, volente o nolente, impatta sul sistema culturale in cui è immerso e sentiamo la responsabilità di assolvere con consapevolezza e coscienza a questo importante compito . Le virtu’ etiche per Aristotele erano per esempio il coraggio, la magnanimità, la giustizia e la mansuetudine, ad esse ci piace aggiungerne altre come l’altruismo, la solidarietà, la libertà e la gratitudine . E’ soprattutto attraverso l’esempio dell’adulto e lo sviluppo di un senso critico che si educano queste virtu’, per questo ci pare di fondamentale importanza che gli educatori, siano persone virtuose, ma che non impongano le loro idee e le loro convinzioni ma lascino spazio e stimolino processi autonomi nell’edificazione del sistema di valori che accompagneranno i bambini nel loro cammino . Pensiamo che lo sviluppo cognitivo dell’essere umano sia centrale ma pensiamo altresi’ che senza il filtro dell’etica questo potenziale possa essere dannoso per l’individuo singolo e la società . Abbiamo sin troppi esempi nella storia di personaggi dall’alto potenziale cognitivo che hanno compiuto gesti nefasti per l’assenza di questo filtro e sarebbe irresponsabile non tenerne conto. Aristotele parlava accanto alle virtu’ etiche di virtu’ dianoetiche ed esse rappresentano per noi strumenti imprescindibili per camminare verso l’orizzonte . La conoscenza, la saggezza e l’arte sono queste possibilità preziose che vogliamo coltivare durante il processo educativo. La conoscenza non è intesa solo come un’insieme di saperi che diventano bagaglio culturale dell’individuo ma anche e soprattutto come amore per la conoscenza . La curiosità è quell’energia che coltiva questo amore e come ci spiega sempre il filosofo ateniese nell’Etica Nicomachea, tutti gli esseri umani nascono con una predisposizione biologica, un anelito istintivo verso la conoscenza . Da qui gli abiti di custode che deve vestire l’educatore per proteggere e possibilmente sviluppare questo tesoro biologico . L’accompagnamento educativo deve sempre avere come termometro, per misurare la sua efficacia, la curiosità dei bambini . Se i bambini perdono curiosità, se cominciano a vedere la conoscenza come qualcosa di spiacevole, se cala l’entusiasmo con cui sin da piccoli si approcciano al sapere, è un chiaro segno che stiamo fallendo noi adulti che educhiamo.

La bussola e i principi che ci accompagnano verso l’orizzonte

Una volta disegnato l’orizzonte ci pare saggio immaginare la bussola, i principi e le isole che ci conducono verso di esso .

La bussola principale che ci muove, spingendoci  continuamente ad interrogarci e a cercare, e alcune volte a tornare indietro per poi ripartire, è quella indicata da Maria Montessori : ‘’ Una prova della correttezza del nostro agire educativo è la felicità del bambino” . Nel nostro caso la felicità è l’orizzonte mentre il termometro è il benessere . Sono due concetti sicuramente vicini ma che, nella nostra visione,  non coincidono esattamente .Pensiamo che la felicità sia l’orizzonte verso cui tende ogni essere umano e pensiamo che l’educazione sia uno dei processi piu’ impattanti per il suo raggiungimento. Il benessere è quello stato che ci accompagna e ci avvicina alla felicità. Altra bussola che reputiamo fondamentale è l’approccio scientifico all’educare . Pensiamo sia fondamentale definire degli obiettivi, immaginare delle possibilità che ce li facciano raggiungere e valutare costantemente la bontà degli strumenti e delle modalità che utilizziamo . Approcciarsi scientificamente all’educazione significa esattamente questo : avere  obiettivi chiari e dichiarati, mettere in campo degli strumenti e delle modalità che immaginiamo funzionali e  valutarne costantemente l’efficacia.

I principi sono quelle idee fondanti che crediamo non possano cambiare in relazione al cambiamento dei tempi e dei luoghi in cui si sviluppa la vita dell’essere umano: il concetto di unicità, quello di complessità , considerare l’essere umano un essere auto poietico, il clima emotivo e la relazione educative

Le isole sono quelle tappe che reputiamo imprescindibili per dirigerci verso l’orizzonte  : le competenze emotive, la conoscenza , l’arte e la dimensione creativa e l’educazione motoria.

La bussola

Il concetto di benessere è stato oggetto di studi e ricerche scientifiche, in particolare neuroscienze e psicologia positiva si sono interrogate su quali siano gli elementi che ricorrono per il suo raggiungimento. Rafel Bisquerra racchiude questi elementi nel ‘’ Flor de Benicia ‘’ ( Benicia è l’unione di BENestar I cienCIA, in catalano benessere e scienza ) e noi ci siamo concessi la libertà di italianizzarlo nella ‘’ Benza ‘’ ( BENessere e scienZA ), un fiore prezioso che racchiude i differenti tipi di Benessere secondo la scienza, l’ottenimento dei quali ci porta al raggiungimento del Benessere in generale.

Il benessere materiale, indica il possesso di quei beni materiali imprescindibili per vivere e sopravvivere .

Il benessere fisico, indica un certo livello di salute fisica . L’Oms include in questo concetto anche la salute psicologica ed emotiva che nel nostro fiore viene trattata separatamente per la sua valenza e l’impatto decisivo sugli altri tipi di benessere.

Il benessere professionale, indica lo svolgere un lavoro che rappresenta il luogo e il tempo dove si manifesta la nostra vocazione . Molto interessante è la relazione che c’è tra il benessere professionale e la ricaduta del proprio lavoro sul benessere degli altri. Per quanto riguarda i bambini possiamo immaginare che tale benessere sia quello vissuto nei contesti scolastici ed educativi in generale. Quanto piu’ tali contesti permettono al bambino di essere se stesso e seguire il suo unico e inimitabile percorso di crescita, tanto piu’ ci avviciniamo al benessere in questo contesto di vita cosi’ importante. Nell’età dell’infanzia , dell’adolescenza e della giovinezza possiamo declinare questo concetto come quelle esperienze che permettono di incontrare e esplicitare le proprie passioni, i propri interessi, i propri bisogni e la vocazione.

Il benessere sociale, indica il benessere delle persone intorno a noi : la famiglia, le persone con cui condividiamo tempo, i nostri compaesani o concittadini, i nostri connazionali e tutti gli abitanti del pianeta. Il nostro benessere è strettamente correlato al benessere degli altri. Per i bambini è il benessere dei genitori, degli altri educatori e dei compagni .

Il benessere emotivo, indica lo sviluppo delle competenze emotive : coscienza emotiva, regolazione emotiva, autonomia emotiva, competenze sociali e abilità per la vita e il benessere. Il nostro modello di riferimento è quello pentagonale della RIEEB ma ce ne sono sicuramente altri virtuosi , primo tra tutti il modello elaborato da Daniel Goleman . La nostra predilezione è per il modello RIEEB poiché esso si dichiara un ‘’ modello in fieri ‘’, in costante e continuo aggiornamento, e quindi in linea con l’approccio della Pedagogia Viva.

Crediamo che tutte queste aree si contaminino e si influenzino e che tutte siano importanti per il benessere generale, tuttavia pensiamo, confortati da diversi studi , che il benessere emotivo abbia un grandissimo impatto sulle altre aree . Pare proprio che le persone che abbiano sviluppato le competenze emotive possano avere uno stato generale di salute migliore * ( pensate quante patologie nascono da una cattiva regolazione emotiva : depressione, disturbi legati all’ansia, malattie dell apparato gastrointestinale, spesso legate ad una cattiva regolazione della rabbia ), riescano ad incontrare la propria vocazione e a farne la propria occupazione principale, riescano a procurarsi i mezzi di sussistenza  e abbiano migliori relazioni e un maggior impatto sul benessere altrui.

Per questo ci pare saggio prendersi cura di questo benessere facendo dell’approccio dell’educazione emozionale una guida preziosa per il nostro agire educativo e dello sviluppo delle competenze emotive l’isola piu’ importante che vogliamo toccare durante il viaggio verso il nostro orizzonte educativo.

L’altra bussola a guidarci è l’approccio scientifico all’educare , che non vuol dire, e vogliamo specificarlo, rinunciare al sentire e al percepire, che sono strumenti imprescindibili per il nostro lavoro, ma significa procedere partendo da essi , da un’attenta osservazione e un profondo ascolto, per poi immaginare strumenti funzionali e concludere questo iter con una fondamentale opera di valutazione e analisi dei processi e degli obiettivi raggiunti. A tal scopo sono particolarmente importanti gli strumenti e le modalità di osservazione e valutazione e l’organizzazione del lavoro, che necessita di periodici e frequenti incontri del gruppo di lavoro. Un ultimo aspetto che ci pare saggio sottolineare è l’importanza di un gruppo di lavoro che si occupi collegialmente del processo educativo, in particolare modo della fase di osservazione, analisi e valutazione . Anche gli strumenti di osservazione meglio costruiti risentono in qualche misura della soggettività dello sguardo di chi li utilizza. Utilizzare questi strumenti come gruppo limita sicuramente l’impatto di questo sguardo soggettivo.

I 5 principi basilari della Pedagogia Viva

L’architettura della Pedagogia Viva è per sua natura flessibile e incline alle trasformazioni , tuttavia essa si poggia e si costruisce su un terreno, su delle convinzioni che reggono e orientano il suo sviluppo. Questi principi, da considerarsi profonde convinzioni e non verità assolute costituiscono il punto di partenza della progettazione educativa : l’unicità, la complessità, l’autopoiesi, la relazione e il clima educativo .

L’unicità

Ogni bambino è, come ripetono spesso le Indicazioni Nazionali del Ministero,  un essere unico e irripetibile. Ogni essere umano è costituito biologicamente dal suo carattere e dal suo temperamento . Il temperamento è quello che riceviamo come patrimonio genetico dalla nostra famiglia , cosa che orienta e non determina i nostri pensieri e i nostri comportamenti . Due gemelli, portatori del medesimo patrimonio genetico, hanno non di rado attitudini e inclinazioni diverse e questo perché ognuno di essi ha un proprio carattere, costruito, come ci spiega l’epigenetica, attraverso la relazione con l’ambiente esterno e le scelte individuali che ciascuno di noi compie, costruendo il suo sistema di idee e valori. Già all’interno dell’utero materno inizia questa interazione con l’ambiente esterno a noi . Le emozioni e lo stato di salute generale della mamma e del papà hanno un impatto sulla formazione del carattere della persona . Questo è il motivo per cui due fratelli, con un patrimonio genetico molto simile , spesso abbiano attitudini caratteriali diverse e non di rado opposte. Se durante la gravidanza l’emozione prevalente della mamma è l’ansia questo avrà un impatto sulla formazione del carattere del nascituro . Anche fuori dalla pancia le emozioni dell’ambiente familiare rivestono un ruolo molto incisivo e diverse ricerche scientifiche ci raccontano come un clima emotivo fatto di preoccupazione , insicurezza, paura e rabbia complicano non di poco una sana maturazione biologica del cervello . Anche qui tutti questi fattori esterni orientano ma non determinano, la plasticità cerebrale, particolarmente sviluppata nei primi anni e nell’adolescenza , ci accompagna per tutta la vita e questo ci permette sempre di aggiustare il tiro. Il congiunto di temperamento e carattere fa si che ogni individuo sia un essere unico e inimitabile , di qui l’esigenza di rifuggire qualsiasi tentativo di omologazione per promuovere e valorizzare questa unicità. Nella pratica educativa questo significa ragionare in termini di possibilità e non di dovere e organizzare i gruppi prevalentemente partendo dall’interesse comune e non dall’età.

La complessità

Questa preziosa unicità è immersa in una serie di sistemi che nell’intrecciarsi disegnano una meravigliosa complessità . Il sistema famiglia, di primo e secondo grado, il sistema scuola con i suoi maestri, il sistema culturale nelle sue diverse declinazioni territoriali ecc ecc. Tutti questi sistemi impattano nel pensare, nel sentire e nell’agire dei bambini e ci invitano a pensare all’educazione come un approccio sistemico . Essere maestri significa per noi accompagnare il bambino nella felicità verso un sempre piu’ alto grado di benessere e farlo senza accompagnare anche le famiglie ci risulta veramente complicato . Una scuola ambiziosa e a questo anela la Pedagogia Viva, non si occupa solo dei bambini e delle famiglie, ma rivendica il suo ruolo di luogo di creazione di una nuova cultura . Nella nostra idea la scuola non dovrebbe chiudersi nelle sue stanze ma vivere ed interagire nel territorio, creando reti virtuose tra le varie agenzie educati che e culturali e farsi promotrice di una trasformazione virtuosa dell’impianto culturale . La complessità oltre ad invitarci ad un approccio sistemico ci invita a desistere dal cercare l’intervento o la modalità giusta per tutti per spingerci ad individuare l’intervento e la modalità adeguata a quell’unico e irripetibile sistema complesso . Non esiste un’unica e semplice realtà e non puo’ esistere di conseguenza un intervento adeguato che non parta da un’analisi del contesto in cui si opera e che non ragioni in termini di possibilità anziché di dogmi. La scuola non è solo un luogo di cura per i bambini ma anche per le famiglie e per il territorio.

Autopoiesi

Humberto Maturana, filosofo, sociologo e biologo e Francisco Varela , biologo filosofo e neuro scienziato, andavano alla ricerca di quel che accomuna tutti gli esseri viventi e cercando hanno coniato il termine e il concetto di autopoiesi . Questa parola deriva dal greco auto, da sé, e poiesis , creazione e sta ad indicare ‘’ la capacità di riprodurre sé stessi che caratterizza i sistemi viventi in quanto dotati di un particolare tipo di organizzazione, i cui elementi sono collegati tra loro mediante una rete di processi di produzione, atta a ricostruire gli elementi stessi e, soprattutto, a conservare invariata l’organizzazione del sistema ‘’(Treccani )Questo concetto declinato in ambito pedagogico significa ‘’un nuovo modo di considerare l’apprendimento che deriva sostanzialmente dalla separazione del sistema uomo dal suo ambiente, dalla relazione, dunque tra il sé e l’altro da sé; si concretizza quale processo non lineare e si fonda sul principio dell’imprevisto (Minichiello, 1995).’’ L’apprendimento, dunque, è quel processo in grado di produrre novità; esso si distingue dall’addestramento che è un processo lineare e che non produce novità.

Il bambino , come un seme, contiene in potenza, tutte le capacità per auto realizzarsi e lo fa in relazione con l’ambiente esterno . Maturana amava dire ‘’ quando fallisce un bambino, non sta fallendo il bambino ma l’ambiente intorno a sé ‘’ In questo processo di continua riorganizzazione l’impatto dell’ambiente esterno risulta essere determinante . Se prendiamo il seme piu’ prezioso del mondo, seppure esso contenga in sé tutte le informazioni biologiche per diventare una pianta forte, e lo piantiamo sull’asfalto, per quanto questo seme possa essere prezioso non potrà mai auto realizzarsi poiché parte dell’ambiente intorno a lui non è funzionale e lo spinge verso una riorganizzazione interna non funzionale . Siamo fermamente convinti, confortati dalle ricerche della Biologia e delle Neuroscienze, oltre che da diverse teorie pedagogiche, che ogni bambino contenga in sé un tesoro, dei talenti, una vocazione ma se l’ambiente intorno a loro non è funzionale è difficile, se non impossibile, che questo tesoro venga alla luce . Le implicazioni educative di questa convinzione sono, di nuovo, l’importanza di un approccio sistemico, e poi la centralità della fiducia con cui un bambino viene accompagnato nei processi di apprendimento . Dal punto di vista didattico significa costruire un approccio flessibile , aperto, che sempre parta dalla specificità di quella situazione senza rinchiudersi in pratiche standardizzate che ci dirigono verso un poco salutare addestramento e non verso un reale, utile ed efficace apprendimento. L’ambiente intorno al bambino è sicuramente complesso e ricco ma sicuramente il clima emotivo e la relazione, due degli altri principi base della pedagogia viva, ne costituiscono forse il terreno, cio’ da cui tutto parte . Un clima emotivo sereno, gioioso colorato prevalentemente da emozioni piacevoli e una relazione educativa fondate sull’amore e l’accettazione incondizionata e costruita con fiducia e reciprocità sono conditio sine qua non per camminare verso l’orizzonte della Pedagogia Viva.

Il clima emotivo

Le emozioni rivestono un ruolo cruciale per il benessere e l’apprendimento . Il benessere si fonda sull’acquisizione di una serie di abilità e competenze socio-emotive e il processo dell’apprendere viene fortemente indirizzato dalle emozioni che lo accompagnano. Il clima emotivo è il risultato delle emozioni che ciascun membro  porta all’interno di un gruppo , il colore che caratterizza in prevalenza un quadro sempre contraddistinto da diversi colori e sfumature . Nelle dinamiche relazionali e di apprendimento l’incontro delle diverse emozioni disegna un’atmosfera emotiva caratterizzata da una serie di emozioni prevalenti. Diversi neuroscienziati come David Bueno, Joaquim Funster e Francisco Mora , molti psicologi e pedagogisti come Rafel Bisquerra, Daniela Lucangeli , Pablo Gonzalez Berrocal e Mar Romera stanno conducendo una preziosa opera di ricerca e divulgazione volta a diffondere un messaggio chiaro e fondamentale ‘’ L’apprendimento necessita di emozioni piacevoli ‘’ . Questo concetto non puo’ definirsi certo nuovo, Gianni Rodari, un nostro importante riferimento, amava dire ‘’ Perché dobbiamo imparare piangendo quello che possiamo imparare ridendo ‘’ , tuttavia il rinforzo di discipline altre rispetto alla pedagogia non puo’ che aiutare a diffondere e a rendere vivo nella pratica educativa questo concetto basilare . Nella costruzione del clima emotivo un ruolo determinante è rivestito dalle emozioni degli adulti  e le strategie didattiche applicate. Le emozioni, i sentimenti, gli stati d’animo degli adulti che accompagnano i bambini costituiscono il ponte attraverso cui i bambini si immergono nella realtà , le lenti attraverso cui interpretano e vivono la realtà . Questa consapevolezza ci invita a camminare su due sentieri : il lavoro di autoeducazione e la costruzione di un certo tipo di relazioni tra gli adulti che coabitano in un medesimo contesto educativo. Le emozioni che viviamo dipendono infatti sia dalla realtà esterna a noi, per esempio la qualità delle relazioni che abbiamo con i colleghi o con le famiglie, ma anche dalla nostra realtà interiore, in particolare dal nostro stile esplicativo ( sistema di credenze, interessi e obiettivi con cui interpretiamo la realtà ) e dalla nostra attitudine con cui affrontiamo la vita ( ottimista/ pessimista ) . Per questo risulta di particolare importanza il lavoro di autoeducazione che ciascun adulto dovrebbe compiere per l’acquisizione di un stile esplicativo funzionale, di un’attitudine positiva , della capacità di regolare le emozioni  spiacevoli e di generare emozioni piacevoli, e in generale per l’acquisizione delle diverse competenze emotive . Alla stessa stregua è fondamentale lavorare per costruire relazioni di qualità fondate sull’ascolto attivo, il rispetto e reciproco e la comunicazione non violenta.

Anche la didattica riveste un ruolo centrale, le scelte che facciamo in tal senso devono preoccuparsi di non instillare nel processo educativo emozioni spiacevoli . La consapevolezza fondamentale che dovrebbe guidarci è che il processo dell’apprendimento risulta efficace e senza controindicazioni se parte dalla motivazione o da un’emozione piacevole . Queste due parole, queste due scintille cosi’ preziose hanno una radice etimologica comune : il verbo latino moveo, che significa muoversi . La motivazione interna si attiva automaticamente quando un’esperienza viene valutata come interessante e/o utile, le emozioni piacevoli vengono stimolate da esperienze didattiche centrate sul gioco, sull’arte, sulla cooperazione e un ruolo attivo dello studente . ‘’ Aprendo porque quiero ‘’ apprendo perché voglio o amo, è il titolo di un libro illuminante di un grande pedagogista spagnolo, Juan Josè Vergara Ramirez che sintetizza benissimo quale sia la strada di un apprendimento felice  efficace e senza controindicazioni. Se l’apprendimento viene associato ad emozioni spiacevoli o ad esperienze prive di significato per l’alunno iniettiamo nel clima emotivo emozioni spiacevoli, questo nel breve termine rende piu’ difficile per il cervello apprendere e nel medio e lungo termine depaupera l’essere umano dell’innato amore per la conoscenza, che viene associato attraverso insensate pratiche e modalità ripetute a emozioni spiacevoli . Lavorare sul clima emotivo significa costruire un gruppo di lavoro formato non solo dal punto di vista delle conoscenze curricolare ma soprattutto sulle competenze emotive e significa destinare tempo e risorse alla costruzione di relazioni di qualità tra gli adulti facenti parte della comunità educante. Ovviamente sono diverse altre le variabili che impattano nel clima emotivo e le incontreremo camminando dentro questo manifesto

La relazione educativa

Diceva Platone ‘’ l’apprendimento è un processo erotico’’ e noi siamo pienamente d’accordo con lui . C’è di mezzo l’amore perché l’apprendimento è uno scambio, un processo bidirezionale che utilizza l’amore come ponte. Abbiamo visto come la dimensione sociale, quella delle relazioni ,abbia un impatto sul benessere generale e siamo fermamente convinti che essa giochi un ruolo imprescindibile per l’ apprendimento.  LA relazione educativa, quella tra bambino e chi lo educa, deve costruirsi sull’amore e l’accettazione incondizionata. Chi accompagna il bambino non deve avere lo scopo di indirizzarlo e plasmarlo verso un ideale astratto di bambino ma deve, partendo da quel che il bambino già è, sostenerlo nella scoperta e nell’attuazione della sua vocazione . L’educatore è una guida fondamentale ma per diventare tale è necessario che sappia ascoltare e accogliere i bisogni del bambino, rifuggendo la logica del giudizio a favore della comprensione e dell’accettazione . Una sana relazione educativa costruita sull’amore  costruisce quel clima di serenità  che permette al bambino di sentirsi al sicuro, predisponendolo biologicamente ad un efficace sviluppo del suo potenziale . Le attenzioni , la cura e l’amore che un bambino riceve costituiscono la base su cui edificare una sana autostima e una salutare autonomia . ‘’ Un nino tiene que apegarse para desapegarse ‘’ afferma……………………………. *( Fundacion Cai ) Un bambino deve attaccarsi per staccarsi, deve ricevere il giusto contatto per poter poi volare . Costruire una sana relazione educativa è , anche dal punto di vista temporale, una priorità assoluta poiché senza di essa sarebbe impossibile disegnare sentieri di benessere e apprendimento . La parola amore, piu’ volte circolata in queste righe, merita sicuramente un approfondimento, una definizione e sicuramente interessante è quella che dà  Rafel Bisquerra ‘’predisposizione ad un impegno attivo in favore delle persone care ‘’ . Amare significa scegliere di impegnarsi per il benessere delle persone care, presuppone un atto di volontà consapevole e si costruisce partendo dal benessere della persona che ama. Sentirsi amati è la maniera migliore per imparare ad amare, per questo una persona sofferente, perché ha ricevuto poco amore, difficilmente potrà essere una buona educatrice, almeno sino a quando questa ferita sarà curata . E’ fondamentale , anche qui, il lavoro di autoeducazione , di cura di sé  che l’educatore mette in campo ed è importantissimo che le diverse agenzie educative si prendano cura del benessere di chi educa. L’educazione emozionale, una delle strategie educative piu’ importanti nella prospettiva della Pedagogia Viva , si propone come scopo principale quello di creare contesti dove i bambini possano sentirsi amati . Amare, e ci pare doveroso chiarirlo in un tempo in cui iperprotezione e difficoltà a dire no sono atteggiamenti piu’ diffusi, significa anche mettere dei limiti sani e lasciare spazio ai bambini affinchè possano vivere piccole frustrazioni .Infine una sana relazione educativa si costruisce sull’autorevolezza e non sull’autorità. Quest’ultima si fonda su un ascolto imposto da un ordine gerarchico precostituito, il bambino deve ascoltare, deve stare attento perché il maestro è un’autorità posta in alto . L’autorità si fonda su un’idea di disciplina che non vogliamo accettare, poiché reputiamo la disciplina importantissima ed essa non puo’ essere imposta dall’esterno ma deve svilupparsi attraverso un processo interiore. Una persona sanamente disciplinata non è quella ligia nel seguire ordine e dettami ma quella che sa autoregolarsi, impegnarsi e darsi una serie di buone pratiche in vista di un desiderio , di una scopo, di un obiettivo. L’autorevolezza si costruisce invece, ed è un processo sicuramente piu’ lungo, che parte da un’intenzionalità amorevole e si nutre di ascolto, accettazione e competenze e attitudini riconosciute virtuose da chi viene accompagnato.

La declinazione dei quattro pilastri su cui poggia qualsiasi approccio educativo

L’architettura di qualsiasi approccio educativo si costruisce su dei principi ideali, su delle convinzioni pedagogiche e prende la sua unica e inimitabile forma in base alla declinazione delle quattro basi che costituiscono la tavolozza su cui attinge qualsiasi approccio pedagogico : il tempo, lo spazio fisico, la didattica e l’organizzazione e le attitudini, le virtu’, i compiti e le competenze del gruppo di lavoro . Sempre guidati dal dubbio , nell’ottica di una sempre preziosa flessibilità e capacità trasformativa e partendo dalla specificità del contesto , la Pedagogia Viva si interroga e sceglie come declinare queste basi. Le scelte che facciamo partono sempre, e ci pare saggio ribadirlo, dall’unicità e complessità del contesto educativo in cui si opera . Ci sono sicuramente scelte che nascono dall’individuazione di bisogni tipici di ogni individuo e altre che vengono dettate dalla contingenza ed in quanto tali, adeguate in quel dato contesto e non sempre funzionali in un altro. Nella descrizione che seguirà si proverà a disegnare un ideale , un orizzonte che deve orientarci nel cammino, ben consapevoli che realtà e ideale non coincidono e che lo scopo è sempre quello di fare il meglio che si puo’ con quello che si ha . Nella declinazione dello spazio vedremo un orizzonte dove la natura , il paesaggio, i luoghi d’arte e di lavoro sono preziose possibilità educative. Questo non significa che lavorare in un contesto privo o povero di uno o piu’ di questi luoghi impedisca di camminare verso l’orizzonte della Pedagogia Viva. Diversi sono i motivi ma quello piu’ significativo è che la cosa piu’ importante in educazione, e questa è una nostra profonda convinzione, siano le persone e da questo punto di vista tesori immensi sono racchiusi dentro ciascun educatore o genitore.

Il tempo

La maniera in cui guardiamo il tempo, la modalità con cui lo gestiamo ha un grande impatto sul benessere e incide significativamente sui processi di apprendimento. Quando viviamo il tempo con frenesia  la nostra biologia avverte una minaccia e la sua risposta automatica è lo stress . Quest’ultimo è un sano meccanismo biologico che predispone il nostro organismo a gestire al meglio la minaccia, fisica o pscichica, reale o immaginaria che abbiamo dinanzi . Il problema non è lo stress in sé ma la sua cronicità . Vivere il tempo freneticamente incide sul nostro benessere emotivo, sulla salute in generale e di rimando sul benessere generale . Quando gestiamo il tempo con rigidità, stabilendo a priori come esso debba articolarsi nel futuro, senza possibilità di deroghe , chiudiamo le porte ai desideri, agli interessi e ai bisogni che possono affacciarsi inaspettatamente . In questa maniera , non di rado, dobbiamo rinunciare a opportunità e possibilità preziose per il nostro benessere . Infine, il tempo di cui abbiamo bisogno per immergersi dentro un’esperienza e apprendere da essa varia da persona a persona. Ci sono persone che amano sostare nell’esperienza, che non amano trascurare alcun dettaglio e che hanno bisogno di un tempo lento, altre che prediligono una conoscenza meno profonda ma piu’ diffusa e che hanno sviluppato la capacità di apprendere nel tempo lento . Non esiste un cervello uguale all’altro e non esistono strategie di apprendimento uguali . Imporre un tempo sempre lento o sempre veloce puo’ impattare negativamente sul benessere di chi ha elaborato strategie diverse da quelle imposte rigidamente . Il tempo frenetico, gestito rigidamente e uguale per tutti non è quindi amico del benessere e non lo è nemmeno per l’apprendimento. Lo avevano capito già molti maestri e adesso le neuroscienze ce ne stanno dando conferma. Il cervello per apprendere ha bisogno di un tempo gestito flessibilmente , tagliato su misura sull’unicità di ciascun individuo e che non cada nella trappola della frenesia . Questo ci spinge a delle riflessioni e a delle scelte che ribadiamo non debbono essere interpretati come dogmi ma come possibilità da valutare partendo dalla specificità di ogni contesto educativo. E’ molto diffusa, perché il sistema scolastico disegnato dal legislatore lo impone, la tendenza a gestire il tempo rigidamente : il lunedi per un’ora e il mercoledi per tre si fa fisica, il martedi per due ore e il venerdi per 3 si fa letteratura  ecc ecc .. In un contesto del genere risulta complicato gestire flessibilmente il tempo e per esempio non interrompere , perché cambiano l’ora e la materia prevista, il bambino che è immerso dentro un’esperienza preziosa di apprendimento . Questo ci dà un ‘ ulteriore possibilità di ribadire che la Pedagogia Viva non ha finalità rigide ma solo un orizzonte su cui tendere cercando di fare il massimo che si puo’ con quello che si ha nel contesto in cui viviamo . Se l’architettura della scuola disegnata dal legislatore impone una rigidità nel gestire del tempo possiamo sempre rinunciare alla frenesia e cercare di rispettare i tempi di ciascun bambino. Questo è solo un esempio, una possibilità disegnata su un contesto che abbiamo supposto che ci spinge a far emergere due convinzioni molto profonde della pedagogia viva : non esiste la scuola o il modello ideale ma l’approccio migliore possibile nel contesto specifico, e l’enorme importanza dell’educatore, delle sue virtu’, della sua presenza, della sua capacità di ascolto, osservazione e percezione, della sua creatività e, non per ultimo, della sua intenzionalità consapevole e inconscia .Esiste pero’ un orizzonte ideale ed è bene chiarirci anche su questo affinchè, se anche non applicabile in toto nei diversi contesti, possa fungere da energia che ci muova collettivamente verso un benessere sempre piu’ diffuso e modalità di apprendimento sempre piu’ efficaci . Il tempo a scuola dovrebbe essere flessibile, tarato sull’unicità e in principio un tempo lento. Partiamo da quest’ultimo attributo del tempo che di certo si oppone alla frenesia ma che in apparenza puo’ vedersi in antitesi col concetto di un tempo disegnato sull’unicità  di ogni individuo. E se un bambino ha un ritmo d’apprendimento veloce ? Questa potrebbe essere l’obiezione quando si parla di tempo lento , obiezione lecita ma che ha una risposta chiara. Innanzitutto parliamo di tempo lento ‘’ in principio ‘’, all’inizio di un percorso, lasciandoci la possibilità di plasmarlo in seguito sulle modalità veloci di qualcuno . Questa scelta pedagogica ci permette di creare il terreno sui cui innestare due preziose strategie e possibilità didattiche : l’educazione tra pari ( peer education )  e le classi capovolte ( flipped classroom ). L’educazione tra pari si fonda sull’idea che una delle strategie migliori per imparare sia insegnare e si declina con la possibilità che un bambino, una volta appreso un concetto o sviluppato una competenza , possa accompagnare altri bambini che sono ancora dentro il processo. Le classi capovolte prevedono che un bambino possa tenere una lezione o proporre un’esperienza al resto del gruppo . Entrambe le strategie trovano un terreno fertile allorquando il tempo viene gestito con lentezza e sono difficilmente praticabili quando si corre . Il tempo lento lascia aperte le porte a queste preziose possibilità, un tempo veloce non solo le chiude ma lascia spesso indietro quei bambini che hanno bisogno di un tempo maggiore per apprendere . Il tempo veloce ha un impatto nefasto sull’autostima degli alunni e getta i semi di uno dei problemi piu’ grandi nelle comunità scolastiche ma anche delle società adulte che si chiama ‘’ impotenza appresa ‘’ * ( storia dell’elefante ) .  Partire da un tempo lento significa inoltre, come abbiamo constatato, rispettare il tempo di ciascun bambino . Ad alimentare questo, che consideriamo un diritto importantissimo di ogni bambino, contribuisce anche una suddivisione dei gruppi per interesse e non per età . Gestire il tempo flessibilmente significa lasciare la possibilità ad un bambino o ad un gruppo di bambini di sostare dentro un’esperienza per tutto il tempo di cui hanno bisogno . Significa adottare la strategia didattica della programmazione emergente, una strategia aperta all’inaspettato e all’emergente . gestire il tempo flessibilmente significa dal punto di vista della progettazione pedagogica rinunciare a quella presunta linearità con cui dovrebbe procedere il processo dell’apprendimento, almeno per quelle discipline che non sono scientifiche : prima si studiano Gli Assiri, poi i babilonesi , i sumeri i fenici ecc ecc. Non è cosi’ che funziona il cervello. Il cervello per muoversi dentro il processo della conoscenza ha bisogno di una motivazione interna o di un’emozione piacevole . Se abbiamo una scuola che si affaccia dinanzi ad parco archeologico romano o normanno e questo suscita l’interesse dei bambini, sarebbe il caso di mettere da parte gli assiri per partire dai romani o dai normanni . Garantire questa possibilità è una delle possibili declinazioni di un tempo gestito flessibilmente . Per concludere ci pare utile chiarire che gestire il tempo flessibilmente e lasciare la possibilità al bambino di sostare dentro un’esperienza per il tempo che desidera non è una pratica che va intesa come dogma immodificabile. Ci sono diverse situazioni in cui è necessario porre un limite a questa dinamica e magari interrompere un ‘esperienza poiché è utile iniziarne un’altra piu’ importante . Anche qui gioca un ruolo fondamentale l’educatore e la sua capacità di percezione e di analisi . Sarà poi l’approccio scientifico, in particolare il lavoro di valutazione a dirci se l’intervento è stato corretto o se ci sia qualcosa da cambiare.

Lo spazio

Il luogo fisico è un mediatore fondamentale dei processi d’apprendimento e ha un impatto importante sul clima emotivo e sul benessere generale . Da tanti anni siamo abituati a considerare l’aula l’ambiente principale , quasi unico, dove crescere e imparare . Oggi, l’analisi dei bisogni dei bambini e delle dinamiche sociali in atto , ci spinge a mettere in dubbio questa pratica e ad ampliare le opzioni che abbiamo a disposizione . Possono essere luoghi d’apprendimento il bosco, il fiume e l’ambiente naturale in generale e possono esserlo anche le città o i paesi col loro patrimonio storico, artistico, geografico ed umano . Possono essere un’aula il mare e la bottega artigiana, la biblioteca e il centro anziani, possono essere maestri il contadino e il pescatore, l’astrofisica e una cooperante per la pace . L’ambiente educa ed ogni ambiente ha le sue caratteristiche, le sue virtu’ e i suoi vizi . In relazione ai bisogni che emergono, l’educatore, partendo dalle possibilità che il proprio contesto offre, potrà scegliere tra diverse possibilità l’ambiente piu’ adatto . Se reputo utile lavorare sul corpo scegliero’ la natura, se l’interesse prevalente è per l’arte mi vengono in soccorso il teatro o il laboratorio dell’artista del paese . In generale possiamo dire che durante la prima e seconda infanzia la natura risulta essere l’ambiente che meglio accompagna i bambini nello sviluppo autonomo di competenze e conoscenze . Il fuori risponde al meglio a tutti quei bisogni , ben evidenziati dalle indicazioni Nazionali del Ministero, legati allo sviluppo dei grandi movimenti , dell’esplorazione sensoriale, della conoscenza del mondo, di costruzione dell’identità , della creatività e del pensiero divergente. Inoltre l’ambiente naturale ha un impatto benefico sul clima emotivo , in natura tutti noi vivamo emozioni come la serenità, la tranquillità e la meraviglia e quella diffusa cacofonia, fonte di stress costante, che si crea dentro un’aula difficilmente si genera in natura. Il fuori amplia il suo periodo quando parliamo di terza infanzia, l’età del pensare, per affiancare alla natura l’ambiente urbano . E’ l’età delle esperienze, dell’incontro con la realtà , della possibilità di comprenderla e reinterpretarla. Quanto piu’ ampio è il ventaglio delle possibilità e delle esperienze quanto piu’ potranno sviluppare certe attitudini . E’ l’età in cui si acquisiscono quelle conoscenze di base, legate alla lingua, alla scrittura , alla logico matematica , imprescindibili per tutti gli apprendimenti futuri . Nella prima fase di questa età è fondamentale far innamorare i bambini della lettura e della matematica , far percepire loro l’utilità che esse hanno per la vita e niente ci aiuta di piu’ dell’incontro con persone innamorate di queste cose, con luoghi che le fanno brillare e con esperienze che ne certificano l’importanza . Nel periodo dell’adolescenza il fuori travalica i confini territoriali piu’ prossimi ( comune-regione ) per ampliarsi ancora di piu’. In questa età , quella della costruzione del sé sociale secondo Maria Montessori, rivestono una particolare importanza le esperienze cooperative calate nei bisogni specifici dei territori che i ragazzi vivono . E’ un periodo in cui la scuola dovrebbe farsi promotrice della costruzione di una rete territoriale tra le diverse associazioni e agenzie educative, che permetta la realizzazione di queste esperienze, che il Ministero chiama compiti di realtà , che hanno una valenza incredibile per i bisogni di questa fase evolutiva cosi’ importante . Oltre all’ambiente in sé riveste una grande importanza l’organizzazione degli stessi, la cura con cui vengono pensati e organizzati . L’ambiente interno dovrebbe essere organizzato in spazi ampii suddivisi per centri d’interesse per permettere ai bambini di disegnare il proprio unico e inimitabile percorso di autorealizzazione. I materiali debbono essere scelti con cura e sempre fruibili in autonomia dagli studenti .

La didattica e l’organizzazione

Per didattica intendiamo i criteri e le caratteristiche generali della pratica educativa, gli strumenti, le modalità con cui un bambino viene accompagnato nel processo di autorealizzazione e di apprendimento. Anche qui le parole d’ordine sono possibilità, flessibilità , e approccio scientifico . Non crediamo esista un modello  migliore degli altri crediamo esista quello adeguato all’unico e complesso contesto in cui operiamo . Ci sono diverse opzioni di accompagnamento e ognuna di esse costituisce una possibilità da scegliere, partendo dall’ascolto e dall’osservazione, e da valutare in relazione al nostro orizzonte e agli obiettivi specifici . La lezione frontale, la didattica cooperativa, quella attiva, la ludo pedagogia, la gamificazione, la maieutica , la peripatetica, l’educazione tra pari, i compi di realtà , quelli di apprendimento e servizio ( APS) , le classi capovolte sono solo alcune delle possibilità . A guidarci nella scelta oltre all’analisi del contesto ci vengono in soccorso le numerose e preziose conoscenze fornite dalle neuroscienze sul funzionamento del cervello che apprende . Alcune di esse costituiscono delle basi imprescindibili sulle quali costruire pratiche educative efficaci :

  • ‘’ Las letras col sangre no entran ‘’che significa ‘’le lettere non entrano col sangue ‘’  è una frase di David Bueno che vuole indicarci che l’apprendimento si nutre di emozioni piacevoli e ha come grande nemico la sofferenza e lo stress . Nella realtà si puo’ apprendere anche attraverso la paura , il cervello riconosce nelle emozioni intense, positive e negative, un segnale che una conoscenza o una competenza sono importanti e degne di essere ricordate . Ma il risultato a breve termine è che il cervello fa una grande fatica, poiché le emozioni spiacevoli attivano il sistema simpatico che predispone il nostro organismo alla difesa, alla fuga o al combattimento e che depotenzia alcune funzioni importantissime per l’apprendimento legate a quella che viene chiamata ‘’ funzione esecutiva’’ del cervello. Nel medio e lungo termine e ce lo spiega benissimo la grande Daniela Lucangeli , se il processo dell’apprendere si vive con emozioni spiacevoli, il cervello associa il sapere a qualcosa di doloroso da cui stare lontano . Per questo motivo molti studenti, passati per una scuola incentrata sul dovere e dove le emozioni prevalenti erano ansia o paura , una volta finita la scuola dell’obbligo o l’Università , di studiare non ne vogliono sapere.
  • ‘’ Aprendo porque quiero ‘’ il già citato libro e principio del pedagogista Juanjo Vergara Ramirez . Si puo’ apprendere solo quello che ha un significato, un’utilità, quello che risponde a un bisogno o quello che amiamo e ci fa battere il cuore . Qualsiasi apprendimento significativo non puo’ che nascere da una motivazione interna o da un’emozione piacevole . La pratica di costringere un gruppo di bambini diversi per attitudini , interessi e bisogni a svolgere la medesima esperienza educativa deve essere una straordinaria rarità.
  • ‘’ Il cervello è un organo sociale ‘’ che sprigiona il massimo del suo potenziale quando collaboriamo con altre persone . Questo ci invita a proporre con parsimonia esperienze individuali per incentivare processi cooperativi e collaborativi.
  • ‘’ L’attenzione è una risorsa limitata ‘’ focalizzare la nostra attenzione su una determinata lezione o esperienza, stare concentrati richiede al nostro cervello un grande utilizzo di glucosio e ossigeno. Terminate queste risorse è impossibile biologicamente per un bambino stare attento . una meravigliosa eccezione avviene quando il bambino vive l’esperienza con entusiasmo, questa emozione cosi’ preziosa, fa si che mentre consumiamo glucosio e ossigeno, contemporaneamente lo ricreiamo. Nella pratica educativa significa costruire sessioni di apprendimento non troppo lunghe , massimo 30 -40 minuti, e intervallarle con alcune pratiche, sia attive che inattive, funzionali al recupero delle energie cerebrali usate : la distrazione, il movimento, il gioco, le pratiche di mindfulness, l’ozio, il riposo.
  • La memoria a lungo termine si nutre di emozioni, di novità e di significato .Il meccanismo di funzionamento della memoria a lungo termine, che possiamo immaginare come uno scrigno dove custodiamo competenze e conoscenze importanti per la vita, ribadisce, attraverso l’interazione tra amidgala, talamo e ippocampo , l’importanza delle emozioni per l’apprendimento , la ricchezza della meraviglia e di un contesto che si nutre di novità e il fatto che proporre esperienze che abbiano un significato o un’utilità sia una conditio sine qua non dell’apprendere.

Andando ad analizzare alcune pratiche educative e organizzative ricorrenti la Pedagogia Viva ha un indirizzo chiaro

  • Progettazione: l’idea è quella, una volta delineato l’orizzonte, di procedere con flessibilità partendo dall’osservazione e dall’ascolto . Non crediamo si possa progettare rigidamente un sentiero ad inizio anno e pensiamo sia necessario che ogni settimana al massimo ogni mese il gruppo di lavoro si incontri per  valutare l’efficacia degli interventi proposti e della progettazione messa in campo nei giorni precedenti, per fare la fotografia dei bisogni e degli interessi emersi , per progettare le proposte e le modalità dei giorni seguenti .
  •  Programmazione : l’orientamento è quello di una ‘’programmazione emergente ‘’ che sappia vedere l’emergente e l’inaspettato come opportunità .
  • Valutazione : è bandita ogni forma di valutazione che implichi un giudizio e che attivi quella dinamica nefasta di stimolare i bambini a fare ed imparare solo in vista di un riconoscimento esterno . L’autovalutazione individuale e di gruppo , non solo del bambino ma anche dell’insegnante, sono pratiche molto funzionali ai nostri scopi . L’oggetto della valutazione piu’ che il risultato è il processo nelle sue diverse declinazioni : emotive, cognitive e relazionali

Non crediamo, salvo rare eccezioni  per un tempo limitato, nella suddivisione del sapere in materie, discipline o campi d’esperienza . Pensiamo sia saggio il consiglio delle Indicazioni Nazionali di ‘’ rifuggire dal rischio, dal punto di vista culturale , della frammentazione del sapere ‘’ . La pedagogia Viva predilige esperienze olistiche dove diverse discipline collaborano e si abbracciano dentro un’unica esperienza.

Non crediamo, salvo rare eccezione per un tempo limitato, nella  costruzione di gruppi rigidi suddivisi per età. Se l’incipit dell’apprendimento è la motivazione interna, l’interesse , il bisogno e il significato, dovrebbero essere  i criteri con i quali costruire flessibilmente i gruppi.

L’arte dovrebbe essere una proposta e una possibilità quotidiana. Non crediamo che le esperienze artistiche abbiano lo scopo di formare degli artisti quanto quello di stimolare la costruzione di alcune attitudini e competenze fondamentali per la vita sia dal punto di vista emotivo che cognitivo che relazionale: pensiero divergente, creatività, disciplina, espressione delle emozioni , immaginazione, problem solving, flow ecc.

Il movimento è fondamentale non solo per la salute generale ma anche per un virtuoso funzionamento del cervello . Aristotele aveva chiamato la sua scuola peripatetica proprio per evidenziare l’importanza del cammianre per stimolare immaginazione e creatività . Il movimento inoltre favorisce la produzione dell’irisina , un neurotrasmettitore che migliora la nostra capacità di concentrazione, attenzione e focalizzazione

Crediamo  che il compito del maestro non sia quello di fornire risposte ma quello di stimolare domande , invitando ad una ricerca quanto piu’ autonoma possibile da parte dello studente. Il grande maestro Danilo Dolci amava ‘’ seminare domande ‘’ e il suo esempio è per noi una preziosa possibilità . L’arte maieutica di Socrate costituisce uno strumento molto efficace per attivare percorsi di apprendimento.

Nella costruzione del gruppo di lavoro pensiamo sia  imprescindibile, la presenza di guide o tutor pedagogici , formate in pedagogia e scienze della formazione e dell’educazione . Accanto ad essi pero’ , ognuno dei quali puo’ seguire possibilmente dai 3 ai 15 bambini a seconda dell’età, reputiamo fondamentale la presenza di accompagnatori con altra formazione e diversi talenti.

Il patto educativo scuola famiglia  è forse la sfida educativa piu’ grande che abbiamo dinanzi . La relazione tra di esse ha un grande impatto sul benessere e sull’apprendimento dei bambini . Elaborare delle strategie che disegnino una collaborazione , nel rispetto dei ruoli, è nell’ottica della Pedagogia Viva una priorità . La scuola dovrebbe attivare e indirizzare questa relazione consapevole che per rendere effettivo un approccio sistemico è necessario interagire quanto piu’ e meglio possibile con i sistemi intorno al bambino . Dare un imprinting alla relazione costruito sull’ascolto, alimentare questa volontà di accogliere bisogni e prospettive delle famiglie fuori dalla logica del giudizio, costruire diversi momenti di incontro, rendere partecipi le famiglie della vita della scuola, offrire loro la possibilità di collaborare, supportarle dal punto di vista emotivo, psicologico e relazionale, coinvolgerle nelle riflessioni e nelle scelte educative piu’ importanti sono tutte azioni e modi che permettono di rendere vivo ed efficace un patto educativo . All’interno di questo patto è fondamentale il riconoscimento della responsabilità educativa degli insegnanti a scuola e delle famiglie a casa , le scelte finali spettano a chi vive quel dato contesto nelle quali sono richieste.

Per quanto riguarda l’organizzazione della vita comunitaria la Pedagogia Viva propende per un approccio partecipato che si costruisca nel rispetto di una carta di principi e valori condivisi e nella chiarezza dell’orizzonte pedagogico e degli strumenti didattici . Gli strumenti che nutrono questa modalità sono la comunicazione non violenta, la sociocrazia e il dialogo . Ci pare anche una grande opportunità che la scuola si apra al territorio creando reti di confronto e collaborazione con le agenzie educative territoriali . A guidare le scelte politiche , quelle cioè riguardanti la vita della comunità ad eccezione di quelle piu’  operative nella pratica  pedagogica, si propende per un organo collegiale che rappresenti i diversi attori della comunità educante : docenti, famiglie, altri lavoratori e ragazzi . E’ fondamentale la presenza di persone che facciano da garanti al rispetto della carta dei principi e dei valori e del Manifesto Pedagogico. Ovviamente, come è nella natura della Pedagogia Viva, nulla si impone e questo modello organizzativo che ci pare un fantastico orizzonte non è l’unica possibilità . Anche qui ci pare saggio adoperare un approccio scientifico, partendo da un’idea , verificandone la fattibilità in relazione a diversi fattori , sperimentando e valutando sempre la funzionalità di quel tipo di organizzazione per l’avvicinamento all’orizzonte pedagogico.

Le attitudini, le virtu’, i compiti e le competenze dell’educatore

Sicuramente la Pedagogia Viva considera le persone il fattore piu’ importante in educazione. Non esiste modello pedagogico che possa funzionare se non alimentato da persone virtuose, competenti e appassionate .

Abbiamo visto , nel delineare l’orizzonte dell’educare, come le virtu’ etiche siano fondamentali, di conseguenza il possesso di tali virtu’da parte degli educatori risulta una delle priorità . Altrettanto importanti sono le competenze socio emotive che approfondiremo a breve in particolare la regolazione emotiva e un’attitudine positiva alla vita. Dal punto di vista delle competenze piu’ propriamente curricolare crediamo sia auspicabile che i bambini, soprattutto in vista della propria autorealizzazione virtuosa, possano attingere da diverse fonti . Accanto alle guide pedagogiche è importante la presenza di artiste e contadini, di filosofi e biofile, di falegnami e di sportive .

Anche dal punto di vista caratteriale sarebbe auspicabile una ricca tavolozza di diversità da cui attingere. Fondamentale è la presenza di psicologhe e pedagogisti, figure di supporto estremamente importanti per tutta la comunità educante.

Per quanto riguarda gli stili di accompagnamento sono diversi e vanno visti anch’essi come possibilità : il direttivo, il motivatore, l’egualitario, il protettivo , il distante ecc ecc. **** . Si parte anche qui dall’analisi del contesto e dall’immaginare lo stile piu’ funzionale, un buon educatore sa scegliere lo stile che meglio si sposa con le esigenze del bambino o del gruppo classe . L’approccio motivatore è sicuramente indicato nel caso di uno studente con bassa autostima, quello direttivo se abbiamo dinanzi un bambino non avvezzo a ricevere dei no e questi sono solo due esempi che ci dicono chiaramente che chi utilizza aprioristicamente e senza valutare il contesto un unico stile di accompagnamento non stia svolgendo al meglio il proprio compito . In generale possiamo dire che se dinanzi a noi abbiamo un bambino con un buon livello di benessere  e ben indirizzato verso l’orizzonte della felicità l’approccio che piu’ si presta è quello distante, che non vuol dire lontano emotivamente e cognitivamente da quel che succede, ma vuol dire presente, con fiducia e che lascia spazio all’autonomia del bambino , alle sue capacità di gestire frustrazioni e di immaginare sentieri che lo portino alla realizzazione dei suoi desideri e bisogni . Compito dell’educatore è quello di accompagnare con fiducia il bambino nel suo processo di autorealizzazione e nell’acquisizione di conoscenze e competenze utili per la vita oggi e domani . L’educatore parla poco e ascolta molto, osserva e soprattutto percepisce a livello empatico i bisogni e le possibilità che ogni bambino porta .

Tre rotte verso un unico orizzonte

I nei sentieri nei quali l’educatore cammina e accompagna i bambini sono L’autoconoscenza, la conoscenza e le relazioni . Il sentiero piu’ importante, perché propedeutico a tutti gli altri è quello dell’autoconoscenza primo passo verso l’autorealizzazione virtuosa. Tutti noi siamo il risultato del nostro temperamento e della nostra storia personale, un cammino che ci porta a sviluppare punti di forza e fragilità. Entrambi questi aspetti impattano sulla modalità con cui accompagniamo i bambini. Le nsotre ferite diventano le loro se non lavoriamo per sanarle. Un educatore che sia stato un bambino poco motivato tenderà ad essere poco motivante o all’estremo opposto motivatore a priori . Solo attraverso un continuo lavoro su noi stessi possiamo evitare queste insalubri proiezioni . L’educazione emozionale ci offre strumenti molto incisivi per un’efficace autoeducazione ma senza consapevolezza e volontà questi strumenti risultano vani . Questo significa che strategicamente si dovrebbero fornire agli educatori, spazi, tempi e strumenti per svolgere questo lavoro cosi’ prezioso. La conoscenza è una delle virtu’ dianoetiche citate da Aristotele , per la Pedagogia Viva la ricchezza del conoscere non sta tanto nell’accumulo di nozioni, informazioni e saperi scollegati da un’utilità reale, quanto nell’amore per la conoscenza . Il buon educatore piu’ che misurare la quantità di saperi si prende sempre cura di mantenere viva la curiosità , tentando innanzitutto di far innamorare i bambini di una data conoscenza. Se non scatta questa scintilla l’apprendimento rimane una chimera . Il lavoro sulle relazioni e sulle competenze sociali è di fondamentale importanza sia per il benessere che per l’apprendimento. Saper stare nelle relazioni significa sviluppare specifiche competenze come l’ascolto attivo, l’empatia e la capacità di stare dentro un conflitto. Coloro che hanno sviluppato tali competenze hanno maggiori strumenti per stare bene e muoversi nel sentiero della felicità. Ma la qualità delle relazioni, soprattutto quelle tra le persone che accompagnano i bambini nell’apprendere hanno un impatto grandissimo sul funzionamento del cervello . Secondo una celebre ricerca, meta analisi dell’Università di Melbourne , coordinata da John Hattey, l’esempio di cooperazione che danno gli adulti intorno ai bambini è uno dei tre fattori, insieme alla fiducia che l’educatore ha nei confronti del bambino e all’autostima, su una lista di oltre 200 che piu’ hanno un impatto positivo sul cervello che apprende . Quest’ultimo, come abbiamo  già visto, è un organo sociale e l’esempio degli adulti è un accompagnamento efficacissimo a sperimentare modalità cooperative e collaborative e a toccare con mano le potenzialità incredibili di questo organo sociale che custodiamo nel cranio. Anche qui è fondamentale porsi come obiettivo istituzionale quello di creare le condizioni e di mettere in campo strumenti e azioni che possano facorire le relazioni all’interno del gruppo di lavoro e tra quest’ultimo e le famiglie.

Le isole: tappe verso l’orizzonte

Quale sapere lo si costruisce durante il viaggio tenendo conto delle tappe evolutive e dei bisogni e degli interessi del singolo, le diverse isole possono essere toccate contemporaneamente o in diversi momenti ma costituiscono soste e passaggi imprescindibili per camminare verso l’orizzonte . Una di queste è , nell’approccio della pedagogia viva, il luogo piu’ importante perché in essa si fa quel rifornimento di energie, competenze e conoscenze, senza le quali la navigazione verso le altre isole risulterebbe complicata se non impossibile . L’educazione emozionale è la strategia che ci conduce verso questo luogo prezioso dove si sviluppano quelle competenze socio-emotive che ci permettono di promuovere il benessere, prevenire il disagio e creare le condizioni per un apprendimento efficace. Un bambino autonomo, con una sana autostima, perseverante, resiliente, empatico, capace di regolare le emozioni, con uno stile esplicativo ottimista sarà al riparo da alcuni disagi sempre piu’ diffusi nel mondo adolescenziale e giovanile, avrà sviluppato quel benessere emotivo cosi’ importante per il benessere generale e la felicità e avrà maggiori strumenti per camminare con efficacia nel processo dell’apprendere . In mancanza per esempio di una sana autostima sarà complicato per un bambino sprigionare il massimo del potenziale del suo cervello, si attiverà quello che la psicologia chiama ‘’ effetto pigmalione ‘’ e si disattiveranno molte delle sue competenze cerebrali funzionali all’apprendimento . Nella pianificazione didattica l’educazione emozionale risulta una priorità e l’accompagnamento allo sviluppo delle competenze socio emotive uno dei sentieri piu’ battuti in tutte le età . Ci sono diversi approcci all’educazione emozionale, i piu’ riconosciuti sono quello del Casel e quello della Rieeb . La Pedagogia Viva si orienta verso il modello della Rieeb che si autodefinisce ‘’ un approccio in fieri ‘’ , in continua trasformazione esattamente coincidente con l’anima della Pedagogia Viva e che evidenzia la centralità dell’etica. Ci piace integrarlo con l’approccio della Fundacion Educacion Emocional la quale sottolinea l’importanza di un approccio sistemico . Fare educazione emozionale per noi non significa lavorare solo con i bambini ma anche con i sistemi che girano intorno ad essi : famiglia, educatori e società. L’architettura della progettazione didattica con i bambini si sviluppa dal punto di vista temporale sia verticalmente che orizzontalmente . Orizzontalmente significa prevedere dei momenti , possibilmente quotidiani , in cui il focus va sulle emozioni. Il ricorrere di momenti dedicati alle emozioni comunica ai bambini l’importanza di questo aspetto educativo e permette anche di inserire, soprattutto dalla primaria in poi figure specializzate in questa disciplina. Verticalmente significa che ogni momento è buono per fare educazione emozionale e questo presuppone che tutti gli educatori che accompagnano i bambini durante la giornate abbiano delle buone competenze di base e siano in grado di accompagnarli con competenza e consapevolezza nello sviluppo delle competenze emotive. Per quanto riguarda il lavoro con le famiglie risultano funzionali sia proposte formative che  informative e la creazione di spazi di ascolto e di dialogo . Fondamentale infine è la formazione di tutto il personale e il possesso di competenze socio emotive di base.

Coscienza emotiva

La consapevolezza emotiva è il primo passo per poter passare ad altre competenze emotive.

Possiamo definire la consapevolezza emotiva come la capacità di diventare consapevoli delle proprie emozioni e delle emozioni degli altri, inclusa la capacità di captare il clima emotivo di un determinato contesto. All’interno di questo blocco è possibile specificare una serie di micro-competenze:

  • Consapevolezza delle proprie emozioni.

È la capacità di percepire accuratamente i propri sentimenti ed emozioni; identificarli ed etichettarli. Contempla la possibilità di sperimentare molteplici emozioni e riconoscere l’incapacità di prendere coscienza dei propri sentimenti a causa di disattenzione selettiva o dinamiche inconsce.

  • Denominare le emozioni. Ha a che vedere con l’efficacia nell’uso del vocabolario emotivo appropriato e nell’uso delle espressioni disponibili in un dato contesto culturale per designare fenomeni emotivi.
  • Comprendere le emozioni degli altri. È la capacità di percepire accuratamente le emozioni ei sentimenti degli altri e di essere coinvolti empaticamente nelle loro esperienze emotive. Include l’abilità di ricorrere a segni situazionali ed espressivi (comunicazione verbale e non verbale) che hanno un certo grado di consenso culturale per il loro significato emotivo.
  • Diventare consapevole dell’interazione tra emozione, cognizione e comportamento.Gli stati emotivi influenzano il comportamento e questoa sua volta influenza l’emozione; entrambi possono essere regolati dalla cognizione (ragionamento, coscienza). Emozione, cognizione e comportamento sono in continua interazione, e di conseguenza è difficile discernere quale viene prima. Molte volte pensiamo e ci comportiamo in base al nostro stato emotivo.

Regolazione emotiva

La regolazione delle emozioni è la capacità di gestire le emozioni in modo appropriato. Implica la presa di coscienza della relazione tra emozione, cognizione e comportamento; avere buone strategie di coping; capacità di auto-generare emozioni positive, ecc.

Le micro-competenze che la compongono sono:

  • Espressione emotiva appropriata. È la capacità di esprimere le emozioni in modo appropriato. Implica la capacità di comprendere che lo stato emotivo interno non ha bisogno di corrispondere all’espressione esterna. Si riferisce sia a sé stessi che agli altri. A livelli di maggiore maturità, implica la comprensione dell’impatto che la propria espressione emotiva e il proprio comportamento possono avere sulle altre persone. Include anche l’abitudine di tenerne conto quando si interagisce con altre persone.
  • Regolazione delle emozioni e dei sentimenti.È la regolazione emotiva stessa. Ciò implica accettare che i sentimenti e le emozioni spesso hanno bisogno di essere regolati. Essa include: regolazione dell’impulsività (rabbia, violenza, comportamenti a rischio); tolleranza alla frustrazione per prevenire stati emotivi negativi (rabbia, stress, ansia, depressione); perseveranza nel raggiungimento degli obiettivi nonostante le difficoltà; capacità di differire i premi immediati a favore di quelli più a lungo termine ma di ordine superiore, ecc.
  • Abilità di coping.E’ la capacità di affrontare sfide e situazioni di conflitto, con le derivanti emozioni generate. Essa comporta strategie di autoregolazione per gestire l’intensità e la durata degli stati emotivi.
  • Competenza per auto-generare emozioni positive. È la capacità di auto-generare e provare volontariamente e consapevolmente emozioni positive (gioia, amore, umorismo, flusso) e godersi la vita. Permette quindi di autogestire il proprio benessere emotivo per migliorare la qualità della propria vita.

Autonomia emotiva

L’autonomia emotiva,in realtà, è un concetto ampio che include un insieme di caratteristiche ed elementi legati all’autogestione personale, tra cui l’autostima,                 l’atteggiamento positivo verso la vita, la responsabilità, la capacità di analizzare criticamente le norme sociali, la capacità di cercare aiuto e risorse, così come l’autoefficacia emotiva.

Include le seguenti micro-competenze:

  • Autostima.Questa caratteristica dell’Autonomia Emotiva si riferisce all’avere un’immagine positiva di sé; essere soddisfatti di sè stessi; mantenere buoni rapporti con sé stessi. L’autostima ha una lunga tradizione nella ricerca e nell’istruzione.
  • Automotivazione.È la capacità di auto-motivarsi e di essere coinvolti emotivamente in varie attività personali, sociali, professionali, tempo libero, ecc. Motivazione ed emozione vanno di pari passo. L’automotivazione è essenziale per dare un senso alla vita.
  • Autoefficacia emotiva. Quest’altra caratteristica dell’Autonomia Emotiva si riferisce alla percezione di essere capaci (efficaci) nelle relazioni sociali e personali proprio grazie alle competenze emotive. L’autoefficacia emotiva significa che la propria esperienza emotiva è accettata, sia essa unica ed eccentrica o culturalmente convenzionale, e questa accettazione è conforme alle convinzioni dell’individuo su ciò che costituisce un equilibrio emotivo desiderabile. In caso contrario, l’individuo è in grado di regolare e modificare le proprie emozioni per renderle più efficaci in un determinato contesto. Si vived’accordo con la propria “teoria personale delle emozioni” quando l’autoefficacia emotiva è in linea con i propri valori morali.
  • Responsabilità. Si riferisce alla capacità di rispondere dei propri atti. È l’intenzione di impegnarsi per assumere comportamenti sicuri, sani ed etici. Ha a che vedere con l’assunzione della responsabilità del processo decisionale. Di frontealla decisione di quali atteggiamenti (positivi o negativi) adottare nei confronti della vita, in virtù dell’autonomia e della libertà, si decide responsabilmente, sapendo che in generale la cosa più efficace è adottare un atteggiamento positivo.
  • Atteggiamento positivo. È la capacità di decidere di adottare un atteggiamento positivo verso la vita. Anche se ci saranno sempre molte ragioni per assumerneunonegativo. È importante essere consapevoli che in situazioni estremamente difficilisebbene risulti difficile, è da eroi adottare un atteggiamento positivo. Quando possibile, cerchiamo di esprimere ottimismo e mantenere atteggiamenti di gentilezza e rispetto per gli altri.
  • Analisi critica delle norme sociali.Questa nuova caratteristica dell’autonomia emotiva stanella capacità di valutare criticamente i messaggi sociali, culturali e dei mass media relativi alle norme sociali e ai comportamenti personali. È di fondamentale importanza per evitare di adottare comportamenti stereotipati tipici di una società sconsiderata e acritica. L’autonomia dovrebbe aiutare a muoversi verso una società più consapevole, libera, autonoma e responsabile.
  • Resilienza. È la capacità di una persona di affrontare con successo condizioni di vita estremamente avverse (povertà, guerre, orfanotrofio, ecc.).

Competenza sociale

La competenza sociale ha a che vedere con la capacità di mantenere buone relazioni con le altre persone. Ciò implica la padronanza delle abilità sociali di base, le abilità comunicative efficaci, il rispetto, gli atteggiamenti prosociali, l’assertività, ecc.

Le micro-competenze che include la competenza sociale sono le seguenti:

  • Padroneggiare le abilità sociali di base.La prima delle abilità sociali è l’ascolto. Senza, è difficile poter stare con agli altri: salutare, ringraziare, chiedere un favore, esprimere gratitudine, scusarsi, aspettare il proprio turno, favorire il dialogo, ecc.
  • Rispetto per gli altri. È l’intenzione di accettare e apprezzare le differenze individuali e di gruppo e valorizzare i diritti di tutte le persone. Vale per i diversi punti di vista che possono emergere durante una discussione.
  • Praticare la comunicazione ricettiva.È la capacità di prestare attenzione agli altri sia nella comunicazione verbale che non verbale per ricevere messaggi in modo accurato.
  • Praticare la comunicazione espressiva. È la capacità di avviare e mantenere conversazioni, esprimere chiaramente i propri pensieri e sentimenti, sia nella comunicazione verbale che non verbale, e dimostrare agli altri di essere stati ben compresi.
  • Condividere le emozioni.Condividere emozioni profonde non è sempre facile. Implica la consapevolezza che la struttura e la natura delle relazioni sono in parte definite sia dal grado di immediatezza emotiva, o sincerità espressiva, sia dal grado di reciprocità o simmetria nella relazione.
  • Comportamento prosociale e cooperazione. E’ la capacità di compiere azioni a favore di altre persone, senza che loro lo abbiano richiesto. Sebbene non coincida con l’altruismo, ha molti elementi in comune.
  • Assertività. Significa mantenere un comportamento equilibrato tra aggressività e passività. Ciò implica la capacità di difendere ed esprimere i propri diritti, opinioni e sentimenti, nel rispetto degli altri, con le proprie opinioni e diritti. Dire “no” in modo chiaro e mantenere il punto e accetta anche l’altro possa dirci “no”. Affrontare la pressione dei pari ed evitare le situazioni in cui si può essere costretti a comportamenti rischiosi. In determinate circostanze di pressione, è bene cercare di ritardare il processo decisionale e l’azione, finché non ci si sente adeguatamente preparati, ecc.
  • Prevenzione e risoluzione dei conflitti. È la capacità di identificare, anticipare o risolvere conflitti sociali e problemi interpersonali. Implica la capacità di identificare situazioni che richiedono una soluzione o decisione preventiva e valutarne rischi, barriere e risorse. Quando inevitabilmente sorgono conflitti, bisogna affrontarli in modo positivo, fornendo soluzioni informate e costruttive. La capacità di negoziazione e di mediazione sono aspetti importanti per una soluzione pacifica del problema, tenendo conto della prospettiva e dei sentimenti degli altri.
  • Capacità di gestire le situazioni emotive. È la capacità di reindirizzare le situazioni emotive in contesti sociali. Si tratta di attivare strategie di regolazione emotiva collettiva. Questo si sovrappone alla capacità di indurre o regolare le emozioni negli altri.

Abilità per la vita e il benessere

Le competenze per la vita e il benessere hanno a che vedere con la capacità di adottare comportamenti appropriati e responsabili per affrontare con successo le sfide quotidiane della vita, siano esse personali, professionali, familiari, sociali, tempo libero, ecc. Le competenze per la vita ci consentono di organizzare la nostra vita in modo sano ed equilibrato, fornendoci esperienze soddisfacenti o benefiche.

Includono le seguenti micro-competenze:

  • Stabilire obiettivi adattivi

È la capacità di fissare obiettivi positivi e realistici. Alcuni a breve termine (per un giorno, una settimana, un mese); altri a lungo termine (un anno, diversi anni).

  • Il processo decisionale

Sviluppare meccanismi personali per prendere decisioni senza indugio nelle situazioni personali, familiari, scolastiche, professionali, sociali e del tempo libero che si verificano nella vita quotidiana. Significa assumersi la responsabilità delle proprie decisioni, tenendo in considerazione gli aspetti etici, sociali e di sicurezza.

  • Trovare aiuto e risorse

È la capacità di identificare la necessità di supporto e assistenza e di sapere come accedere alle risorse adeguate disponibili.

  • Cittadinanza attiva, partecipata, critica, responsabile e impegnata.

Implica il riconoscimento dei propri diritti e doveri; sviluppo di un sentimento di appartenenza; partecipazione effettiva a un sistema democratico; solidarietà e impegno; esercizio dei valori civici; rispetto dei valori multiculturali e della diversità, ecc. Questa cittadinanza si sviluppa partendo dal contesto locale, ma si apre a contesti più ampi (autonomo, nazionale, europeo, internazionale, globale). Le competenze emotive sono essenziali nell’educazione alla cittadinanza (Bisquerra, 2008).

  • Benessere emotivo

È la capacità di godere consapevolmente del benessere (emotivo, soggettivo, personale, psicologico) e cercare di trasmetterlo alle persone con cui si interagisce. Adottare un atteggiamento favorevole al benessere. Accettare il diritto e il dovere di ricercare il proprio benessere, poiché con esso si può contribuire attivamente al benessere della comunità in cui si vive (famiglia, amici, società).

  • The Flow (il flusso)

Capacità di generare esperienze ottimali nella vita professionale, personale e sociale.

La conoscenza : le competenze curricolari e le Indicazioni Nazionali

L’isola della conoscenza presuppone la presenza costante dell’amore per essa, della curiosità e del pensiero critico. Per quanto riguarda l’oggetto della conoscenza ad indicarlo è sempre l’interesse, il bisogno o l’amore dei bambini . Le conoscenze e competenze curriculari descritte dalle Indicazioni Nazionali costituiscono un ottimo campionario possibile di quelle che reputiamo importanti .

I tre tesori di Humberto Maturana

I bambini e le bambine, in quanto esseri umani , arrivano con tre o più tesori psichici alla nascita: vengono amorevoli, hanno a cuore il dolore degli altri e vogliono accompagnare e proteggere: “Mamma, papà, perché piange questo bambino? Perché quel vecchio è triste?

Vengono felici e seri, gli piace imparare a fare quello che sanno fare bene: come stai mamma? Come stai papà? Voglio farlo;

e vengono giocosi e curiosi, giocano, ridono e vogliono vedere e toccare tutto…